Il presidente sudcoreano spera nei ricongiungimenti familiari per il Chuseok

Staffnews coreachuseoknews04/10/202573 Visualizzazioni

Con l’avvicinarsi del Chuseok — la festa del raccolto che in Corea del Sud rappresenta uno dei momenti più salienti di memoria familiare — il presidente Lee Jae Myung ha lanciato un appello carico di simboli: riprendere le riunioni famigliari tra Corea del Sud e Corea del Nord, sospese ormai da sette ann

Durante una visita a un’isola al confine, il presidente ha parlato direttamente a chi ha vissuto la dolorosa divisione: «Riaprire i canali, permettere agli anziani di incontrare i loro cari rimasti a Nord, è un dovere umano prima che politico».

Un ponte sospeso tra politica e destino individuale

Il programma di ricongiungimento — in vigore fino ad agosto 2018 — ha permesso centinaia di incontri nel corso degli anni, ma è stato congelato a causa delle tensioni nucleari e del deteriorarsi delle relazioni tra le due Coree.

Oggi, stando ai dati ufficiali, circa 36.000 cittadini del Sud hanno presentato richieste al Ministero dell’Unificazione per tornare a incontrare parenti a Nord. Lee ha voluto sottolineare che le richieste non sono solo numeri: sono vite separate da conflitti che superano le generazioni.

Ostacoli pratici e simbolici

Certo, riavviare le riunioni non basta da solo a superare anni di diffidenza militare, sorveglianza reciproca e obiettivi strategici divergenti. Pyongyang ha finora ignorato gli inviti aperti al dialogo, mentre ogni segnale di apertura viene guardato con scetticismo dalle parti più dure della politica sudcoreana.

In più, oggi la Corea del Sud ha una leadership nuova, con Lee che cerca di bilanciare una strategia di distensione con un rafforzamento della difesa: il recente aumento dell’8,2 % del bilancio militare per il 2026 ne è testimonianza.

Perché ora questo appello

Scegliere il momento del Chuseok non è casuale: è una data che richiama il valore della memoria, della famiglia e delle radici. È un contesto ideale per lanciare un messaggio che parli al cuore dei cittadini — non soltanto alle cancellerie.

Se il Nord accettasse, le riunioni famigliari non solo avrebbero un valore umano, ma si trasformerebbero in un canale d’oro: prova tangibile che il dialogo è possibile. Potrebbero anticipare un processo più ampio di riapertura diplomatica, magari seguito da misure di fiducia reciproca.

Uno sguardo al domani

Nel breve termine, il successo dell’iniziativa dipenderà da Pyongyang: se risponderà con segni concreti, Seoul potrà trasformare un gesto simbolico in una strategia stabile. Nel medio e lungo termine, resta l’impegno su più fronti — sicurezza, economia, cultura — per ricostruire un tessuto di relazioni che per troppo tempo è rimasto incrinato.

Oggi, più che mai, le ferite risalgono ai singoli, non alle ideologie. E l’appello di Lee — forte ma carico di umanità — ci ricorda che dietro ogni confine c’è sempre qualcuno che aspetta un abbraccio.

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